'Cultura Convergente' è un saggio che ho acquistato di recente attirata dalle varie critiche positive che lo hanno accolto. Per ora sono ferma all'introduzione e devo dire che questo libro, per chi si interessa di new media e mass culture (o anche solo per capire il nuovo mondo che ci circonda ed 'estirpare le banalità'), è davvero molto interessante e 'fresco'.
Purtroppo io ho lo stesso vizio di Harry -"Harry ti presento Sally", questa volta Harry Potter non centra :) -: leggo sempre la prima e l'ultima pagina di tutti i libri che mi accingo ad iniziare. Questa cattiva abitudine coinvolge anche i saggi.
Così, incongruamente, incuriosita dalla nota finale, ho letto la postfazione di Vincenzo Susca e mi sono sorti dei dubbi.
Non servono verbosità e pesantezza per comunicare profondi soggetti, anzi a volte la retorica compiaciuta nasconde solo banalità.
Perché non proviamo a svecchiare un po' anche la saggistica universitaria?
Purtroppo io ho lo stesso vizio di Harry -"Harry ti presento Sally", questa volta Harry Potter non centra :) -: leggo sempre la prima e l'ultima pagina di tutti i libri che mi accingo ad iniziare. Questa cattiva abitudine coinvolge anche i saggi.
Così, incongruamente, incuriosita dalla nota finale, ho letto la postfazione di Vincenzo Susca e mi sono sorti dei dubbi.
Il linguaggio dell'autore è estremamente fluido, colloquiale, diretto; instaura una sorta di costante dialogo con chi sfoglia il libro, come se si trattasse di un'interazione immediata che ha luogo in un comodo ed informale salotto all'aperto. Abbiamo quindi dovuto, secondo la tradizione editoriale italiana, limare alcuni spiccati tratti di informalità e tendere - perché di tensione si tratta - l'elaborato in modo tale da renderlo più scientifico di quanto non fosse all'inizio.Perché "tendere" il saggio verso un accademismo che non gli appartiene? Continuando a leggere comprendo le motivazioni di Susca e la distanza concettuale e stilistica che c'è tra l'Europa e la saggistica americana. Tuttavia continuo a chiedermi: perché rovinare la fluidità del testo? La tradizione letteraria italiana impone una certa gravità a serietà stilistica ai saggi, ciò significa che chiunque scriva in maniera fresca e colloquiale non sia considerato abbastanza 'scientifico' e degno di attenzione?
Non servono verbosità e pesantezza per comunicare profondi soggetti, anzi a volte la retorica compiaciuta nasconde solo banalità.
Perché non proviamo a svecchiare un po' anche la saggistica universitaria?