Quando presero gli ebrei, non dissi niente; non ero in effetti un ebreo.
Quando presero gli zingari, non dissi niente: non ero in effetti uno zingaro.
Quando presero i comunisti, non dissi niente, mica ero comunista.
Quando presero gli omosessuali, non dissi niente: mica ero un omosessuale.
Quando presero i socialisti, non dissi nulla: non ero un socialista.
Quando presero me, non c'era più nessuno che avrebbe potuto dire qualcosa.
Questa bellissima poesia era riportata su "Liberazione" del 23 maggio e ultimamente è riportata su molti blog nelle sue diverse traduzioni dal tedesco.
Grazie ad un suo articolo sull' "Internazionale", Tullio De Mauro mi ha gentilmente 'informata' che questo testo non è di Brecht (come riportato sul quotidiano) ma di Martin Niemöller, teologo, pastore luterano tedesco e oppositore del nazismo.
Consiglio la lettura dell'articolo e della vita di Niemöller: chiari e illuminanti.
Mi hanno ricordato anche una vignetta di Gipi in cui il protagonista si lamenta degli zingari dicendo qualcosa tipo "non sono razzista, ma i zingari proprio non li sopporto! Solo loro: non mi piacciono" e a quel punto arriva un umaccione dicendo "non sono razzista, ma i meridionali proprio non li sopporto!". (Purtroppo non mi è stato possibile reperire la vignetta).
Tutto questo mi ha colpito molto perché io sono 'razzista' nei confronti degli zingari, ma poi razionalmente mi fermo, rifletto e mi accorgo della mia stupidità. Il problema vero che, per quanto molte delle nostre famiglie siano aperte e 'ben pensanti', cresciamo giudicando da lontano una cultura che ci è estranea e per cui i pregiudizi non sono nemmeno considerati tali dal senso comune.
Fermiamoci e riflettiamo, ma senza facili buonismi.